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154. I (Noti) Solidi Platonici

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In questo blog è già capitato diverse volte di parlare di poliedri (e iperpoliedri) o delle loro sezioni:

    5. Sezioni di Cubo
  19. Ipertetraedro
  21. Dodecaedro e Cubo
  45. Solidi Platonici
  94. Sezioni di ipercubo
131. Tesseratto

Nel post 45 si sono visti brevemente i 5 solidi platonici e qui di seguito verranno viste alcune motivazione del perché proprio 5.
Verranno mostrati inoltre i collegamenti che consentono di mettere in relazione i vari solidi.
Un poliedro è, per definizione, un solido delimitato da un numero finito di facce piane poligonali. E’ possibile costruire un numero infinito di strutture.
I 5 solidi platonici (tetraedro · cubo · ottaedro · dodecaedro · icosaedro), sono composti da poligoni regolari congruenti (cioè sovrapponibili esattamente) e hanno tutti gli spigoli e i vertici equivalenti.



La dualità poliedrale, cioè la trasfigurazione di un poliedroin un secondo poliedro che presenta rispettivamente i vertici, gli spigoli e le facce corrispondenti alle facce, agli spigoli e ai vertici del primoe che presenta le conseguenti relazioni di incidenza fra questi tre tipi di oggetti, è una involuzione che:

-           trasforma tetraedri in tetraedri e
-           scambia cubi con ottaedrie dodecaedri con icosaedri.


Poliedro
Vertici
Spigoli
Facce
 
Facce
per ogni
Vertice
 
  
4
6
4
3
 
8
12
6
3
 

6
12
8
4
 
20
30
12
3
 
12
30
20
 
5


Questa trasfigurazione da un poliedro ad un altro può essere effettuata perché ad esempio cubo e ottaedro hanno lo stesso numero di spigoli, ma hanno il numero di verticie di facce scambiato.

Più precisamente, ad ogni vertice, spigolo o faccia del primo solido corrisponde rispettivamente una faccia, spigolo o vertice del secondo, in modo che siano preservate adiacenze e incidenze.

Un poliedro regolare può essere costituito da triangoli, quadrati e pentagoni, ma non esagoni, ecc. Questo perché su ogni vertice devono insistere almeno 3 facce e nel caso dell’esagono con 3 poligoni si forma un angolo di 360 gradi, non permettendo di formare un solido convesso.

Lo stesso discorso vale per 4 quadrati e per 6 triangoli.
Quindi l’unico poligono che può avere più di 3 facce per ogni vertice è il triangolo.

Il quadrato, il cubo e gli ipercubi in n dimensioni, sono le forme geometriche più intuitive. Se il lato di ogni faccia ha un valore unitario, ogni superfice, volume, ecc. vale sempre 1. Inoltre tutti gli spigoli sono ortogonali tra di loro.

Gli altri solidi platonici possono essere costruiti partendo dal cubo.
E’ interessante vedere come.


Dal Cubo al Tetraedro         e        Dal Cubo all’Ottaedro

6 sono le facce del cubo e 6 gli spigoli del tetraedro.
Tracciando in modo opportuno le 6 diagonali delle 6 facce, si ottiene un tetraedro.

6 sono le facce del cubo e 6 i vertici dell’ottaedro.
Congiungendo i punti centrali delle 6 facce del cubo (come in figura), si ottiene un ottaedro.

 
 

Dal Cubo al Dodecaedro

12 sono gli spigoli del cubo e 12 le facce del dodecaedro.
Per costruire un dodecaedro partendo dal cubo, cominciamo col mettere un tetto, dove i segmenti di colmo e displuvio sono uguali a 0,618 L(lato del cubo).
Per la precisione il rapporto tra i due segmenti è la ben nota Sezione Aurea.
 

Se ora costruiamo un tetto su ogni faccia del cubootteniamo il dodecaedro cercato.

 


Dal Cubo all’Icosaedro

Un icosaedro si può costruire partendo dal suo duale dodecaedro, come mostrato nella prima figura. Si può comunque ricavare dal cubo tracciando dei segmenti su ogni faccia come mostrato in figura, unendoli in seguito in modo opportuno.

Anche in questo caso il rapporto tra questi segmenti e il lato del cubo è ancora la Sezione Aurea.

 

 

Come già ricordato nel post 45, in uno spazio a quattro dimensioni esistono 6 politopi regolari, mentre da cinque dimensioni in su ne esistono solamente 3(gli analoghi di cubo, tetraedro regolare e ottaedro regolare).
Naturalmente nello spazio bidimensionale i poligoni regolari sono invece infiniti.


Dimensione
Numero di Politopi
2
Infiniti                poligoni
3
5             solidi platonici
4
6          policori convessi
5
6+
3

 
L’animazione seguente è stata presa da:   http://it.wikipedia.org/wiki/Dodecaedro




http://www.qedcat.com/archive/169.html
http://cage.ugent.be/~hs/polyhedra/dodeicos.html
http://users.belgacom.net/gc169763/Platonic_Compounds/Platonic_Compounds.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_dei_politopi_regolari

155. I Solidi Ignoti

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Rinunciando all’omogeneità delle facce, si ricavano i 13 solidi archimedei, con nomi più esotici dei solidi platonici (ad es. il dodecaedro camuso).

Alcune loro semplici proprietà sono:

-       le facce sono costituite da due o più tipi di poligoni regolari i cui vertici sono omogenei, cioè le cuspidi intorno ai vertici sono tutte identiche (sono ottenibili una dall'altra tramite rotazione);
 
-       gli spigoli di un poliedro archimedeo hanno tutti la stessa lunghezza.

Partendo dall'icosaedro e troncando le 12 cuspidi ad 1/3 della lunghezza dello spigolo, si ottiene l’icosaedro troncato.

Può capitare di trovare esempi di questo tipo di solido nei giochi per bambini sulle spiagge o più comunemente nei classici palloni da calcio.

 

 
L’icosaedro troncatoha 32 facce (divise in 20 esagoni e 12 pentagoni), 90 spigoli e 60 vertici, in ciascuno dei quali concorrono due esagoni e un pentagono.

I 20 esagoni derivano dai 20 triangoli (facce dell’icosaedro), mentre i 12 pentagoni sono ricavati dai 12 vertici dell’icosaedro (su ogni vertice insistono 5 facce).
Con semplici ragionamenti si possono anche ricavare il numero di spigoli e vertici.

 

I 13 solidi duali dei solidi archimedei sono detti poliedri di Catalan dal nome del matematico belga Eugène Charles Catalan.


Il poliedro dualedell'icosaedro troncato è il pentacisdodecaedro.

 

Il pentacisdodecaedro può essere ottenuto incollando piramidi pentagonali su ognuna delle 12 facce del dodecaedro. È un poliedro non regolare, le cui 60 facce sono identici triangoli isosceli.


Una ulteriore generalizzazione si ottiene con i 92 solidi di Johnson.

 
 
 

156. Le Cosmicomiche

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La fisica quantistica non consente di definire la geometria dell’Universo durante i primi istanti della sua evoluzione (circa 5,4∙10−44 s), fino a quando le sue dimensioni non siano superiori alla lunghezza di Planck, circa 1,6∙10−35m.
Secondo la teoria del Big-Bang l’Universo si sarebbe formato da una grande esplosione primordiale a partire da uno stato iniziale di altissima densità e temperatura, cui sarebbe seguita una rapida espansione.
Qui, però, essendo un periodo di vacanze, preferisco fornire la versione data da Italo Calvino in un racconto inserito nelle Cosmicomiche; dove tutto ebbe inizio quando la signora Ph(i)Nko decise di fare le tagliatelle.
 

-  Tutti in un punto   -

Si capisce che si stava tutti lì, – fece il vecchio Qfwfq, – e dove, altrimenti? Che ci potesse essere lo spazio, nessuno ancora lo sapeva. E il tempo, idem: cosa volete che ce ne facessimo, del tempo, stando lì pigiati come acciughe?
Ho detto «pigiati come acciughe» tanto per usare una immagine letteraria: in realtà non c’era spazio nemmeno per pigiarci. Ogni punto d’ognuno di noi coincideva con ogni punto di ognuno degli altri in un punto unico che era quello in cui stavamo tutti. Insomma, non ci davamo nemmeno fastidio, se non sotto l’aspetto del carattere, perché quando non c’è spazio, aver sempre tra i piedi un antipatico come il signor Pbert Pberd è la cosa più seccante. Quanti eravamo? Eh, non ho mai potuto rendermene conto nemmeno approssimativamente. Per contarsi, ci si deve staccare almeno un pochino uno dall’altro, invece occupavamo tutti quello stesso punto.
Al contrario di quel che può sembrare, non era una situazione che favorisse la socievolezza; so che per esempio in altre epoche tra vicini ci si frequenta; lì invece, per il fatto che vicini si era tutti, non ci si diceva neppure buongiorno o buonasera.

Era una mentalità, diciamolo, ristretta, quella che avevamo allora, meschina. Colpa dell’ambiente in cui ci eravamo formati. Una mentalità che è rimasta in fondo a tutti noi, badate: continua a saltar fuori ancor oggi, se per caso due di noi s’incontrano – alla fermata di un autobus, in un cinema, in un congresso internazionale di dentisti –, e si mettono a ricordare di allora. Ci salutiamo – alle volte è qualcuno che riconosce me, alle volte sono io a riconoscere qualcuno –, e subito prendiamo a domandarci dell’uno e dell’altro (anche se ognuno ricorda solo qualcuno di quelli ricordati dagli altri), e così si riattacca con le beghe di un tempo, le malignità, le denigrazioni. Finché non si nomina la signora Ph(i)Nko – tutti i discorsi vanno sempre a finire lì –, e allora di colpo le meschinità vengono lasciate da parte, e ci si sente sollevati come in una commozione beata e generosa. La signora Ph(i)Nko, la sola che nessuno di noi ha dimenticato e che tutti rimpiangiamo. Dove è finita? Da tempo ho smesso di cercarla: la signora Ph(i)Nko, il suo seno, i suoi fianchi, la sua vestaglia arancione, non la incontreremo più, né in questo sistema di galassie né in un altro.
Sia ben chiaro, a me la teoria che l’universo, dopo aver raggiunto un estremo di rarefazione, tornerà a condensarsi, e che quindi ci toccherà di ritrovarci in quel punto per poi ricominciare, non mi ha mai persuaso. Eppure tanti di noi non fan conto che su quello, continuano a far progetti per quando si sarà di nuovo tutti lì. Il mese scorso, entro al caffè qui all’angolo e chi vedo? Il signor Pbert Pberd. – Che fa di bello? Come mai da queste parti? – Apprendo che ha una rappresentanza di materie plastiche, a Pavia. È rimasto tal quale, col suo dente d’argento, e le bretelle a fiori. – Quando si tornerà là, – mi dice, sottovoce, – la cosa cui bisogna stare attenti è che stavolta certa gente rimanga fuori… Ci siamo capiti: quegli Z’zu…
Avrei voluto rispondergli che questo discorso l’ho sentito già fare a più d’uno di noi, che aggiungeva: «ci siamo capiti… il signor Pbert Pberd…».
Per non lasciarmi portare su questa china, m’affrettai a dire: – E la signora Ph(i)Nko, crede che la ritroveremo?
Ah, sì… Lei sì… – fece lui, imporporandosi.
Per tutti noi la speranza di ritornare nel punto è soprattutto quella di trovarci ancora insieme alla signora Ph(i)Nko. (È così anche per me che non ci credo). E in quel caffè, come succede sempre, ci mettemmo a rievocare lei, commossi, e anche l’antipatia del signor Pbert Pberd sbiadiva, davanti a quel ricordo.
Il gran segreto della signora Ph(i)Nko è che non ha mai provocato gelosie tra di noi. E neppure pettegolezzi. Che andasse a letto col suo amico, il signor De XuaeauX era noto. Ma in un punto, se c’è un letto, occupa tutto il punto, quindi non si tratta di andare a letto ma di esserci, perché chiunque è nel punto è anche nel letto. Di conseguenza, era inevitabile che lei fosse a letto anche con ognuno di noi. Fosse stata un’altra persona, chissà quante cose le si sarebbero dette dietro. La donna delle pulizie era sempre lei a dare la stura alle maldicenze, e gli altri non si facevano pregare a imitarla. Degli Z’zu, tanto per cambiare, le cose orribili che ci toccava sentire: padre figli fratelli sorelle madre zie, non ci si fermava davanti a nessuna losca insinuazione. Con lei invece era diverso: la felicità che mi veniva da lei era insieme quella di celarmi io puntiforme in lei, e quella di proteggere lei puntiforme in me, era contemplazione viziosa (data la promiscuità del convergere puntiforme di tutti in lei) e insieme casta (data l’impenetrabilità puntiforme di lei). Insomma, cosa potevo chiedere di più?
E tutto questo, così come era vero per me, valeva pure per ciascuno degli altri. E per lei: conteneva ed era contenuta con pari gioia, e ci accoglieva e amava e abitava tutti ugualmente.
Si stava così bene tutti insieme, così bene, che qualcosa di straordinario doveva pur accadere. Bastò che a un certo momento lei dicesse:
Ragazzi, avessi un po’ di spazio, come mi piacerebbe farvi le tagliatelle!– E in quel momento tutti pensammo allo spazio che avrebbero occupato le tonde braccia di lei muovendosi avanti e indietro con il matterello sulla sfoglia di pasta, il petto di lei calando sul gran mucchio di farina e uova che ingombrava il largo tagliere mentre le sue braccia impastavano, bianche e unte d’olio fin sopra il gomito; pensammo allo spazio che avrebbero occupato la farina, e il grano per fare la farina, e i campi per coltivare il grano, e i pascoli per le mandrie di vitelli che avrebbero dato la carne per il sugo; allo spazio che ci sarebbe voluto perché il Sole arrivasse con i suoi raggi a maturare il grano; allo spazio perché dalle nubi di gas stellari il Sole si condensasse e bruciasse; alle quantità di stelle e galassie e ammassi galattici in fuga nello spazio che ci sarebbero volute per tener sospesa ogni galassia ogni nebula ogni sole ogni pianeta, e nello stesso tempo del pensarlo questo spazio inarrestabilmente si formava, nello stesso tempo in cui la signora Ph(i)Nko pronunciava quelle parole: – …le tagliatelle, ve’, ragazzi! – il punto che conteneva lei e noi tutti s’espandeva in una raggera di distanze d’anni luce e secoli-luce e miliardi di millenni-luce, e noi sbattuti ai quattro angoli dell’universo (il signor Pbert Pberd fino a Pavia), e lei dissolta in non so quale specie d’energia luce calore, lei signora Ph(i)Nko, quella che in mezzo al chiuso nostro mondo meschino era stata capace d’uno slancio generoso, il primo, «Ragazzi, che tagliatelle vi farei mangiare!», un vero slancio d’amore generale, dando inizio nello stesso momento al concetto di spazio, e allo spazio propriamente detto, e al tempo, e alla gravitazione universale, e all’universo gravitante, rendendo possibili miliardi di miliardi di soli, e di pianeti, e di campi di grano, e di signore Ph(i)Nko sparse per i continenti dei pianeti che impastano con le braccia unte e generose infarinate, e lei da quel momento perduta, e noi a rimpiangerla.

(Italo Calvino, Le cosmicomiche, ed.Einaudi, 1965)


157. Tartaglia

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Un balbuziente entra in un bar: "Scu-scu-scusi, vo-vo-vorrei un ca-ca-caffè"
"Lo-lo pre-pre-preparo su-subito!"
"C-che fa mi-mi pi-pi-piglia in gi-giro?"
"No, ba-ba-balbetto a-a-anch’io"
Entra un altro cliente:         "Mi fa un caffè per favore?"
e il barista prontamente:    "Certo, lo preparo immediatamente"
il primo cliente innervosito: "A-a-allora, mi p-p-prende in gi-gi-gi-giro!!"
e il barista:                          “N-no, pi-pi-pigliavo in gi-giro l’altro!"


Ho sempre trovato illogica questa vecchia barzelletta (volendo anche un po’ scorretta) e mi ricorda le due storielline raccontate da Woody Allen nel film Io e Annie citate in fondo a questo post. Però, nella loro illogicità, hanno un certo non so che di vero.
 

Niccolò Fontana  detto  Tartaglia  (1499 – 1557)

Niccolò Fontana (nato a Brescia e morto a Venezia) rimase coinvolto negli scontri che avvennero durante la presa di Brescia da parte dei francesi nel 1512. Suo padre rimase ucciso e lui stesso, in seguito ad una grave ferita alla mandibola ed al palato, per tutta la vita ebbe evidenti difficoltà nell'articolare parole e venne così soprannominato Tartaglia.
 
Piazza del Duomo  (Brescia)        thanks GB

 Di estrazione sociale molto povera e senza nessuna scolarità, riuscì ad apprendere da autodidatta tutto ciò che gli serviva. Frequentò solamente un corso di scrittura per 15 giorni all'età di 14 anni e nonostante le numerose difficoltà Tartaglia riuscì persino a diventare professore di matematica ed insegnò a Verona dove rimase fino al 1534.


Risolse l'equazione cubica o equazione di terzo grado e nel 1556 scrisse il "General trattato di numeri et misure", opera enciclopedica di matematica elementare, dove compare il famoso "triangolo di Tartaglia". Anche il filosofo e matematico francese Blaise Pascaltrattòdi questo triangolo nel 1654, per cui nei in molti libri di testo è detto “triangolo di Pascal”. 
1

1          1

1          2          1

1          3          3          1

1          4          6          4          1

1        5        10       10        5        1

1        6        15       20      15        6        1


In algebra il triangolo di Tartaglia riguarda lo sviluppo della potenza n-esima di un binomio (con n intero e positivo):

(a + b)n    ad esempio    (a + b)4 = a4 + 4a3b + 6a2b2+ 4ab3 + b4
 
I numeri evidenziati in giallo: 1, 2, 6, 20, 70, 252, 924, 3432, 12870, 48620, …

Hanno la notevole proprietà che divisi per la sequenza di numeri: 1, 2, 3, 4, 5, 6, …

Danno come risultato:

1, 1, 2, 5, 14, 42, 132, 429, 1430, 4862, 16796, 58786, 208012, 742900, …

I termini di questa sequenza sono chiamati numeri di Catalan.

Molti problemi combinatori hanno come soluzione i numeri di Catalan.

Ad esempio:

il numero dei cammini in una griglia n x nche collegano due vertici opposti senza mai attraversare la diagonale. I cammini per n = 4sono effettivamente 14.

 

 

Nota: sommando i coefficienti del triangolo per riga si ottengono le potenze di 2 (1, 2, 4, 8, ... ).
 

 
E io pensai a quella vecchia barzelletta, sapete... quella dove uno va dallo psichiatra e dice: "Dottore mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina", e il dottore gli dice: "perché non lo interna?", e quello risponde: "e poi a me le uova chi me le fa?".
Be', credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo-donna.
E cioè che sono assolutamente irrazionali, ehm... e pazzi, e assurdi, e... ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova.
 
 
C'è una vecchia storiella. Due vecchiette sono ricoverate nel solito pensionato per anziani e una di loro dice: "Ragazza mia, il mangiare qua dentro fa veramente pena", e l'altra: "Sì, è uno schifo, ma poi che porzioni piccole!". Be', essenzialmente è così che io guardo alla vita: piena di solitudine, di miseria, di sofferenza, di infelicità e disgraziatamente dura troppo poco.
 
Io e Annie, 1977, Woody Allen
 

 
Altra barzelletta:

Impiegato:     "Nome?".
Cliente:          "Pie-pie-pie-pietro".
Impiegato:     "Ah, scusi, è balbuziente?".
Cliente:          "No, io no, parlo bene, mio padre è balbuziente e l'ufficiale dell’anagrafe
                        era un gran bastardo!".

 

158. Meridiane

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Sul lungomare di Marina di Massa(Piazza del Pontile) mi è recentemente capitato di vedere una meridiana equatoriale realizzata da Giovanni Del Freo nel 1995.
Dopo una breve ricerca ho trovato che nel sito del Gruppo Astronomico Viareggio sono riportate molte meridiane dell’Archivio quadranti solari provincia di Massa Carrara.



Per comprendere il funzionamento di una Meridiana bisogna pensare che il suo asse (Gnomone) deve essere posizionato in direzione della stella Polare o (che è la stessa cosa) parallelo all’asse terrestre.

Cioè la direzione dell’asse non varia nel tempo.

Per essere precisi è sottoposto alla variazione dei moti millenari come ad esempio:

  • Precessione degli equinozi: risultato del movimento doppio-conico dell'asse terrestre per l'azione gravitazionale della Luna e del Sole e per la rotazione terrestre.
  • Variazione dell'inclinazione dell'asse terrestre:  variazione che l'asse di rotazione della Terra forma con il piano dell'orbita e varia da un massimo di 24°20' a un minimo di 21°55' ogni 40.000 anni, attualmente è di 23°27'.
  • In aggiunta a questa variazione c'è un'altra variazione dell'inclinazione assiale, la nutazione, che ha un periodo molto più breve: 18,6 anni.

La Terra, come gli altri pianeti, ha 2 moti principali: rotazione e rivoluzione.
 
 

Moto di rotazione attorno al proprio asse: per una rotazione completa rispetto al Sole la Terra impiega 24 ore e il movimento apparente della volta celeste è una conseguenza di questo moto.
 
Moto di rivoluzione: è il movimento della Terra attorno al Sole.
Nel nostro sistema solare, il piano orbitale della Terraè noto come piano dell'eclittica.
La Terra ha un'inclinazione assiale di 23° 27'. È inclinata nella stessa direzione per tutto l'anno. Tuttavia, dato che la Terra orbita attorno al Sole, l'emisfero inclinato verso il Sole gradualmente viene a trovarsi in direzione opposta, e viceversa. Questa è la causa principale dell'alternarsi delle stagioni. Quando un emisfero è inclinato verso il Sole ha giorni più lunghi e notti più corte. L'inclinazione assiale non solo causa il variare delle ore di luce, ma provoca anche l'angolazione con cui la luce colpisce la terra, più verticale in estate, meno in inverno.
 

Se ci poniamo in un determinato luogo di latitudine L, l’angolo dell’asse della Meridiana (gnomon in rosso) dovrà essere inclinato dello stesso angolo L rispetto al piano dell’orizzonte (horizon in blu).


All’Equatore sarà parallelo al pavimento, mentre ai Poli perpendicolare.
 


Sundial in Singapore Botanic Gardens1° 18′ 54.36″ N, 103° 48′ 58.32″ E
 
Se dovessimo porre una Meridiana a Borgonovo Val Tidone, Casalmaggiore o Moncalieri, che si trovano alla latitudine di 45 gradi, esattamente a metà strada tra l’Equatore e il Polo Nord, dovremmo inclinare lo Gnomone di 45 gradi.
 

Il Jantar Mantarè un osservatorio astronomico all'aria aperta i cui enormi strumenti astronomici sono costruiti in pietra. Si trova a Jaipur, una corporazione municipale capoluogo del distretto di Jaipur, nello stato federato del Rajasthan (India).
La città è situata a 26° 55' N e 75° 49' E  ed è ricca di monumenti.

Samrat Yantra
 
Il Jantar Mantar, è un complesso di architetture con funzione di strumenti astronomici costruito a Jaipur, in India, dal maharajaJai Singh IItra 1727 e 1734sul modello delle analoghe strutture costruite a Delhi. Complessivamente il maharaja costruì cinque strutture similari; oltre a quelle di Delhi e di Jaipur, anche a Ujjain, Mathurae Varanasi. Quello di Jaipur è il più grande dei cinque ed anche il meglio conservato. Jantar ("strumento") e Mantar ("calcolo").   Lo Samrat Yantra, è lo strumento più grande (27 m di altezza).
Ha un’inclinazione di 27 gradi, la latitudine di Jaipur.  La sua ombra si muove di circa 1 mm per secondo (6 cm al minuto).


Chi volesse approfondire l’argomento può leggere il libro di :
Roberto Casati, Dov’e’ il Sole di notte?, 2013, Raffaello Cortina Editore
 

 

Domanda: come sarebbero le stagioni se l’inclinazione dell’asse sull’eclittica fosse quasi 90 gradi (come quella di Urano)?

 
http://zibalsc.blogspot.it/2012/12/107-lombra-di-mezzogiorno.html

http://www.aryabhatt.com/samrat_yantra.htm
http://www.heraldo.es/noticias/aragon/zaragoza_provincia/zaragoza/2013/10/01/el_gigante_del_tiempo_vadorrey_guinness_world_record_251195_301.html

159. Coppa di Pitagora

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Essendo cresciuto con le letture di Topolino e della sua rubrica “Salvator Gotta risponde a…”, ci sono voluti diversi anni a capire che Archimede Pitagorico era l’insieme di due personaggi.
Il "creatore" di Archimede Pitagorico fu Carl Barks(27/03/1901-25/08/2000), che lavorò per la Walt Disney attuando una rivoluzione nel campo della narrativa a fumetti.  Inventò lui la città di Paperopoli e si dedicò anche alla creazione di molti suoi abitanti, fra i quali Paperon de Paperoni, Amelia, la banda Bassotti, Ciccio e le Giovani Marmotte.
Archimede Pitagorico è “nato” con il nome di Gyro Gearloose (giroscopio svitato) e impersona alcuni dei caratteri che sono entrati nel "mito di Archimede": essere un inventore eccentrico e geniale. Esordì in Italia con il fumetto numero 45 di Topolino nella storia "Paperino e l'amuleto del cugino Gastone" con il nome, appunto, di Archimede Pitagorico. Fu battezzato così da Guido Martina che decise di rendere omaggio contemporaneamente al grande matematico greco Pitagora (Samo, 570 a.C. circa – Metaponto, 495 a.C. circa) e al non meno illustre scienziato siracusano Archimede (Siracusa, 287 a.C. circa – Siracusa, 212 a.C.).
 
Si usa dire "Supplizio di Tantalo" quando si vuole spiegare lo stato d’animo di qualcuno che desidera molto qualcosa, ma non la può avere.
 
Tantalo (mitologia greca) era il re di Sipilo, figlio di Zeus e per questo veniva invitato alla mensa degli dei. Un giorno se ne approfittò e rubò nettare e ambrosia, fonti dell’immortalità, causando l’ira e la punizione degli dei, che lo incatenarono a un albero di frutta vicino a una fonte d’acqua fresca.
Appena lo sfortunato si avvicinava ai frutti e all’acqua, questi si ritraevano impedendogli per sempre di mangiare e bere.

 
La coppa di Pitagora (o coppa di Tantalo) è un tipo di coppa che obbliga l'utilizzatore a riempirla con parsimonia. L'invenzione, attribuita appunto a Pitagora, permette a chi la usa di riempirla solo fino ad un certo livello. Oltre il quale la coppa riversa il suo intero contenuto dal fondo.
 

Quando la coppa viene riempita, il liquido sale e viene anche riempita la gamba corta della U rovesciata (per il principio dei vasi comunicanti). Se il riempimento non supera la linea tratteggiata, la coppa è un normalissimo contenitore. Allorché il livello supera il culmine della U rovesciata, il liquido inizia a fluire nella gamba lunga della U e si riversa dal fondo. La pressione idrostatica così formata va a creare un sifonenella colonna centrale causando il totale svuotamento della coppa attraverso il buco alla base della colonna.



Una volta innescato il flusso nel sifone, non occorre ulteriore energia per mantenerlo a regime.



Esistono anche forme moderne della coppa come ad esempio quella riportata sotto.


 


http://en.wikipedia.org/wiki/Pythagorean_cup

http://freeandhandy.com/the-pythagorean-cup-and-siphons/

 

160. Un’Ostinata Illusione

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Qualche anno orsono, non esisteva ancora Street View, mi è venuta la curiosità di vedere dove “finiva” il naviglio.

Il Naviglio Grandenasce dal Ticino poco prima di Turbigo. La portata è di 64 m³ al secondo in estate e di 35 in inverno. Le cronache del duecento narrano dell'inizio dei lavori intorno al 1177; nel 1187 il naviglio giunse a Trezzano e nel 1211 alle porte di Milano, a Sant'Eustorgio, nei pressi dell'attuale porta Ticinese.
Da questo punto di arrivo (la darsena) qualche secolo dopo venne costruito il Naviglio Pavese, un canale navigabile che unisce Milano a Pavia. Il dislivello tra la darsena di porta Ticinese e il Ticino è di 56,6 metri, dei quali 4,40 sono superati dall'inclinazione del fondo, mentre agli altri 52,2 provvedono dodici conche con cascate. L'ultima conca è assai profonda, in modo da poter funzionare sia in regime di piena che di magra del Ticino.

Attraversata Pavia sono giunto in viale Partigiani, qui:



Dopo qualche anno ho scoperto che cos’era il fabbricato che si vede sulla sinistra.

Hermann Einstein (Bad Buchau, 30 agosto 1847 – Milano, 10 ottobre 1902), padre di Albert e Maja, era un proprietario di fabbriche elettrotecniche che dalla Germania approdò, con il fratello ingegnere Jacob e le rispettive famiglie, prima a Pavia, poi a Milano, a causa di dissesti finanziari. Infatti, dopo alcuni anni di prosperità, elettrificando anche il sito in cui si svolgeva l'Oktoberfest, i due furono costretti a liquidare la piccola fabbrica che possedevano a Monaco e a volgere l’attenzione verso il mercato italiano, impiantando un nuovo stabilimento a Pavia nel 1894, in società con l’ingegnere italiano Lorenzo Garrone.
Nel marzo 1894 a Pavia vengono fondate le Officine Elettrotecniche Nazionali Einstein-Garrone e nell’autunno, in pochi mesi, viene costruita una grande fabbrica, presso un doppio salto del Naviglio, strategico per la produzione di energia elettrica (quella che si vede nella foto riportata sopra).

 
La famiglia di Albert trovò la residenza in una casa signorile abitata in precedenza da Ugo Foscolo (1778-1827) ora via Foscolo 11. Durante questo periodo, Albert venne incoraggiato a frequentare le "Officine Einstein-Garrone" e a interessarsi delle macchine elettriche. Fu anche una stagione di intense relazioni sociali; la famiglia Einstein si era infatti integrata bene nell’ambiente borghese pavese, stringendo amicizia soprattutto con la famiglia Marangoni.
Fu così che Ernesta, figlia primogenita di Giulio Marangoni e di Rachele Venco, nata a Casteggio, un paese a circa 25 km a sud di Pavia, all’epoca diciannovenne, conobbe Maja ed Albert; i tre iniziarono a frequentarsi assiduamente. Furono mesi di vita spensierata trascorsi tra gite in campagna, bagni al lido sul fiume Ticino, incontri musicali settimanali dedicati all’esecuzione di autori classici tedeschi.
Parecchi anni più tardi, nel 1955, il soggiorno pavese di Albert fu rievocato da Ernesta in persona, la quale rese altresì nota la corrispondenza intercorsa fra loro nel 1946, a guerra finita. 

«Alberto lo conobbi in un pomeriggio estivo in cui era in vacanza tra due semestri, allo stabilimento bagni in Ticino, e mi parve un giovinetto un po’ delicato ma sano – un po’ scialbo di tinte, occhi scuri, capelli castani non neri come quelli della sorella e come divennero in seguito». In questi incontri estivi Albert che «parlava abbastanza bene l’italiano – proseguiva Ernestina – le boutades le lanciava in tedesco, lasciandole poi tradurre dalla sorella».

Ernestina aggiungeva inoltre a queste cronache altri episodi anche scientifici che riguardavano il dono da parte del giovane Einstein di un lavoro manoscritto dal titolo: Sull’elettricità e la corrente elettrica (oggi perduto), mentre divertita descriveva il brillante viaggio con l’amico Otto Neustätter che egli compì via tram da Pavia e a piedi da Voghera fino a Genova per visitare lo zio Jacob Koch.
Ernesta visse a lungo fino al 1972 quando, ultranovantenne, si spense nella sua casa di Casteggio.

Dopo poco tempo gli Einstein si spostarono in via Bigli 21 a Milano e qui impiantarono una piccola officina per la produzione di dinamo e macchinari elettrici, in via Lecchi, nella zona del Naviglio Pavese; probabilmente anche in questo caso l’acqua del naviglio forniva l’energia elettrica necessaria alla fabbrica.
 

L'edificio di via Bigli 21 è un palazzo caratteristico della vecchia Milano, con il portone affondato in un grande arco, dove aveva abitato anche la contessa Clara Maffei. Nello stesso periodo sull’altro lato di via Manzoni, nell’allora Albergo Milano, oggi Grand Hotel et de Milan, era solito risiedere Giuseppe Verdi (1813-1901).

Come al solito, le cose andarono bene per qualche anno, Hermann aveva vinto le concessioni per i sistemi di illuminazione nelle cittadine di Canneto sull’Oglio e Isola della Scala, finché cominciarono a fargli pressione perché pagasse i suoi debiti.
L’officina di via Lecchi rimase comunque in funzione fino alla morte del padre di Einstein che da allora riposa al Cimitero Monumentale nel Civico mausoleo Palanti. Nell’edicola, oltre alla famiglia Palanti, sono sepolti tra gli altri: Franco Parenti, Walter Chiari, Giovanni D'Anzi, Virgilio Ferrari, Paolo Grassi e il padre di un noto Presidente del Consiglio.
In quegli anni Einstein conobbe Michele Besso, che rimase suo intimo amico per tutta la vita e l'unica persona alla quale dette credito di aver contribuito al lavoro del 1905 sulla Relatività Ristretta. Lo ringraziò scrivendo: “... concludendo, tengo a dire che l'amico e collega M. Besso mi ha costantemente prestato la sua preziosa collaborazione mentre lavoravo a questo argomento, e che gli sono debitore di parecchi interessanti suggerimenti”.
Besso lo anticipò di meno di un mese nella morte e in una lettera che scrisse ai familiari Einstein concludeva con l’emblematica frase:

«Per noi che crediamo nella fisica, la divisione tra passato, presente e futuro ha solo il valore di un’ostinata illusione»

Einstein A., «Lettera del 21 marzo 1955»

 



http://ricerca.gelocal.it/laprovinciapavese/archivio/laprovinciapavese/2005/01/28/PT1PO_PT101.html

http://www.paviaedintorni.it/temi/attivita_professioni_file/attivit%C3%A0industriali_file/industrievarie_file/descrizione_einstein.htm
http://www.pv.camcom.it/index.phtml?Id_VMenu=568


161. Guarda e dimmi (Look and Say)

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John Horton Conway viene citato in questo Blog ogni anno quando si fa riferimento al Doomsday o, per esempio, nel post:  113. Let Me Through.

E’ un noto matematico britannico, residente a Princeton, attivo nella teoria dei gruppi finiti, teoria dei nodi, teoria dei numeri, teoria combinatoria dei giochie teoria dei codici.




Un altro suo stravagante risultato è la sequenza look-and-say:

1, 11, 21, 1211, 111221, 312211, 13112221, 1113213211, 31131211131221, 13211311123113112211,  11131221133112132113212221, 

in cui ogni termine è costruito "leggendo" il termine precedente nella sequenza.

Ad esempio, il termine 1 viene letto come "una volta1", che diventa: 11;
il numero 11 viene letto come "due volte1", che diventa: 21 
e così via.

La cosa notevole di questa sequenza è che, anche se a prima vista sembra essere del tutto arbitraria e non matematica, ha alcune caratteristiche interessanti che sono state evidenziate da Conway. Più in particolare, ha mostrato che il numero di cifre in ciascun termine della successione in media cresce di circa il 30% da un termine all'altro:

1, 2, 2, 4, 6, 6, 8, 10, 14, 20, 26, 34, 46, 62, 78, 102, 134, 176, 226, 302, 408, 528, 678, 904, 1182, 1540, 2012, 2606, 3410, 4462, 5808, 7586, 9898, 12884, 16774, 21890, 28528, 37158, 48410, 63138, 82350, …

Più specificamente, ha mostrato che se Lnè il numero di cifre per il termine n-esimo della sequenza, allora il limite del rapporto del termine n-esimo diviso il precedente vale:

                                    Ln  / Ln-1  =  1,303577269…

La stesso risultato si ottiene per ogni numero di partenza, tranne cheper 22.
In questo caso si legge sempre “due volte2” in modo ricorrente.

Un esaustivo approfondimento lo si può trovare nel sito del Politecnico di Torino:



Che il rapporto di due termini consecutivi di una sequenza converga ad un valore costante, avviene anche i numeri di Fibonacci dove il rapporto in questo caso tende al numero aureo Φal crescere di n.


Per un altro esempio si può vedere il “numero di plastica1,324717957244746...  e la relativa “successione di Padovan”.



http://oeis.org/search?q=A005150+-id:A005150

http://it.wikipedia.org/wiki/Successione_di_Padovan




162. Grandi Numeri

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"Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce"

Lao Tzu


Il tema di questo mese del Carnevale della Matematica, ospitato da Mr. Palomar, “Matematica mostruosa, spaventosa, vertiginosa”è molto stimolante per il fatto che diversi argomenti di matematica danno un certo senso di vertigine…

I frattaliforniscono un esempio di come con continui ingrandimenti si riescano ad ottenere sempre nuove figure, anche se in qualche modo auto-simili, che danno la sensazione di precipitare in un pozzo senza fondo.


Insieme di Mandelbrot

Anche alcune comuni funzioni dotate di asintoti verticali, come le funzioni  f(x) = 1/x  oppure f(x) = tg(x), tendono all’infinito nell’intorno di alcuni valori, assumendo nel percorso qualsiasi numero: intero, razionale, irrazionale o trascendente che sia.

Ci sono però alcune funzioni che rendono bene il concetto di grandi numeri.

Knuth's up-arrow notation– l’idea è basata sul fatto che, in matematica, la moltiplicazionepuò essere vista come un’addizione iterata e la potenzacome una moltiplicazione iterata. Alla stessa stregua iterando la potenzasi arriva alla definizione di tetrazione:

                        ba = (…(((((aa)a)a)a)a)…)a         dove “a” compare “b” volte

Donald Knuth ha utilizzato la notazione freccia in su per la codifica, dove una freccia indica la potenza, due frecce la tetrazione, ecc.:     + , x , ↑ , ↑↑ , …

All’interno de “Il libro dei numeriJohn Horton Conwaye Richard K. Guydefiniscono numeri di Ackermann la sequenza:

1↑1 = 11 = 1
2↑↑2 = 2↑2 = 22 = 4
3↑↑↑3 = 3↑↑3↑↑3 = 3↑↑(3↑3↑3) = 3↑↑((3)3)3  =  3↑↑7625597484987
4↑↑↑↑4 = 4↑↑↑4↑↑↑4↑↑↑4 = …

Il terzo numero di Ackermann è   76255974849873   cioè   (…((33)3)…)3
dove  “3”  compare  7625597484987 volte.

Tralascio lo sviluppo del quarto numero, che potete trovare qui.

Ovviamente si possono definire numeri decisamente più grandi, come ad esempio il numero di Graham, considerato il primo numero di grandezza inconcepibile ad essere utilizzato in una seria dimostrazione matematica (riguardo ad un problema della teoria di Ramsey). Per un ulteriore approfondimento potete anche consultare un post del 2013 dell'ospite di questo Carnevale o quello del 2012 di mau.

D’altro canto se pensiamo alle dimensioni o all’età dell’Universo ci rendiamo conto che i numeri in gioco sono più contenuti.

Per chi volesse festeggiare il proprio primo miliardesimo secondo, un miliardo di secondi corrisponde a poco più di 31 anni e mezzo. L’età dell’Universo (espressa in secondi) è rappresentata da una cifra con “solo” 17 zeri; come dire che volendo contare il numero di atomi contenuti in un milligrammo di materia a partire dal Big Bang, si dovrebbe tenere un ritmo di almeno 100 atomi/secondo.

Quello che abbiamo visto sino ad ora tratta di “grandi numeri” che crescono molto velocemente. Ma non bisogna dimenticare che qualsiasi funzione che cresca in modo monotono, raggiunge e supera, prima o poi, questi valori.

Si potrebbe continuare accennando alla Teoria degli Insiemi sviluppata da George Cantor;  dove, oltre che ad insiemi finiti, si fa riferimento ad insiemi infiniti,  come
N= {0, 1, 2, 3, 4, ...} che contiene “tutti” i numeri naturali, ma non “tutti” i numeri reali (che avendo una cardinalitàmaggiore) sono di un altro tipo di infinito. Ma Cantor non si è accontentato di questo e ha fornito un metodo per costruire insieme infiniti sempre più grandi.


La citazione di Lao Tzu fatta all’inizio, diventata famosa anche per essere stata riportata su molte magliette o negli incipit di parecchi libri, serve a ricordare come nella matematica che si impara durante un normale corso di studi siano contenuti concetti mostruosi, spaventosi e vertiginosi, che crescendo con noi facevano poco rumore.

Lao Tzu è una figura leggendaria della filosofia cinese. La tradizione tramanda che sia vissuto nel VI secolo a.C. ed è considerato il fondatore del Taoismo.
Alcuni affermano che un giorno abbandonò le sue attività e intraprese un viaggiò verso Occidente con il suo bufalo, attraverso lo Stato di Qin. Arrivato al posto di guardia di Hangu, Lao Tzu fu interpellato da un ufficiale, il quale gli chiese di lasciare qualche scritto sulla sua filosofia prima di andarsene. La risposta di Lao Tzu all'ufficiale furono i cinquemila ideogrammi del Tao Te Ching, la prima e unica opera scritta del filosofo.
Lao Tzu lasciò il suo testo su tavolette di bambù al guardiano.
Fatto questo ripartì e scomparve nelle distese desertiche senza essere mai più visto.
 


Volevo cambiare il mondo, ma ho perso lo scontrino.

Letto su una T-shirt


http://en.wikipedia.org/wiki/Names_of_large_numbers
http://en.wikipedia.org/wiki/Cardinal_number
http://mathworld.wolfram.com/GrahamsNumber.html
http://misterpalomar.blogspot.it/2013/09/nomi-di-numeri-parte-seconda.html
http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/Interventi/Articoli/Archimede%20e%20i%20grandi%20numeri/Archimede.htm
http://en.wikipedia.org/wiki/Ackermann_function#Ackermann_numbers
http://it.wikipedia.org/wiki/Numero_di_Skewes



163. Gauss & Faulhaber

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Un famoso aneddoto racconta di come Johann Carl Friedrich Gauss (1777 - 1855), matematico, astronomo e fisico tedesco, all'età di 10 anni riuscì a stupire il suo insegnante di matematica (J.G. Buttner).

Un giorno che gli studenti erano particolarmente turbolenti, l’insegnante diede loro il compito di calcolare la somma dei primi 100 numeri (da 1 a 100) pensando così di tenerli impegnati per lungo tempo nell’eseguire un centinaio di somme. Dopo solo pochi minuti, il giovane Gauss gli pose sotto gli occhi il risultato corretto (5050).

Probabilmente, si era accorto che, mettendo in fila tutti i numeri da 1a 100 e nella riga sottostante i numeri da 100 a 1, ogni colonna dava come somma 101; Gauss fece dunque il prodotto 100 x 101 e divise per 2, o più semplicemente 50 x 101 ottenendo facilmente 5050.

Wikipedia riporta che probabilmente Buttner aveva assegnato un compito ancora più complesso, ovvero la somma dei primi 100 numeri della serie 81297 + 81495 + 81693 ... nella quale ogni termine differisce dal precedente per il valore 198 e che il giovane Gauss lo risolse in pochi minuti come detto prima.

La seguente rappresentazione grafica mostra in modo semplice come sistemando i valori in modo opportuno si ottengono N colonne di valore N+1 e visto che ogni valore viene contato 2 volte, si deve alla fine dividere per 2, cioè:

N x (N+1) / 2

 
 
In questo caso si hanno 10 colonne di valore 11, per sommare i numeri da 1 a 10.
 

Al contrario di quello che normalmente si crede, questo risultato fu però ottenuto 150 prima (nel 1631) dal matematico Johann Faulhaber (1580 – 1635), che calcolò anche le somme delle potenze di interi successivi:

 

 

In questa e altre formule intervengono i numeri di BernoulliBn . Si osserva che la somma delle potenze m-esime dei primi n interi positivi è data da un polinomio di grado m+1. In effetti Carl Jacobi nel 1834 ha dimostrato che questa proprietà vale per tutti gli interi positivi.

Le singole formule possono essere ricavate per induzione o scrivendo sistemi di equazioni di grado m+1, risolvendole per sostituzione.

Ad esempio per la somma dei primi n interi ipotizziamo che il risultato sia del tipo:

a n2 + b n + c

Sostituendo ncon rispettivamente 0, 1 e 2 otteniamo:

                  c = 0                                   
                       a + b + c = 1                >>>>>                 a + b = 1
                       4a + 2b + c = 3                                       4a + 2b = 3

da cui:
                                                                a = b = ½

e quindi la sommatoria risulta:

½ n2 + ½ n + 0 = ½ n (n + 1)

Per la somma di quadrati e cubi abbiamo rispettivamente:

 

Mentre per le successive espressioni polinomiali prosegue:


Esistono anche rappresentazioni grafiche della somma di serie di quadrati o cubi.

Di seguito viene riportata la rappresentazione grafica della sommatoria dei primi n quadrati:

 
12 + 22 + 32 + 42= 30
        

 
 12 + 22+ 32 + 42 + 52 = 55
 

Come si vede utilizzando 3 serie di quadrati, e combinandoli opportunamente, si ottiene un rettangolo i cui lati sono rispettivamente:

“la somma degli interi da 1 a n    e    “(2volte n) + 1

L'area di ogni serie di quadrati è quindi:       Nx (N +1) x (2N + 1) / 6

 
Il 6 e’ dovuto al fatto che nella somma da 1 a n e’ presente 1/2 e  l’area va divisa per 3 (numero di serie utilizzate).
 
Riporto infine un'altra formula notevole:

13 + 23 + 33 + … + n3 =  (1 + 2 + 3 + … + n)2


 
http://en.wikipedia.org/wiki/Bernoulli_numbers
http://www.robertobigoni.eu/Matematica/FTrascendenti/f08/f08.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Somma_di_potenze_di_interi_successivi
http://en.wikipedia.org/wiki/Faulhaber%27s_formula

164. Somma di Cubi

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Il post precedente si concludeva con la bella formula:

13+ 23 + 33 + … + n3  =  (1 + 2 + 3 + … + n)2

La verifica è presto fatta. La somma dei cubi presenti nella parte sinistra abbiamo visto essere uguale a:

Mentre alla destra dell’uguale abbiamo il quadrato della somma dei primi nnumeri:


Elevando alla seconda potenza questo risultato si ottiene facilmente la formula precedente.
Ma esiste anche in questo caso una semplice interpretazione grafica.


La somma dei cubi può essere riscritta come:

13+ 23 + 33 + … + n3  =  1 x 12 + 2 x 22 + 3 x 32 + … + n x n2

La costruzione in figura mostra come con ad un primo quadratino di lato 1 si possono aggiungere 2 quadrati di lato 2 e continuando così 3 di lato 3, 4 di lato 4, ecc. Per essere precisi, i quadrati con lato pari vengono posizionati in modo che alle estremità vengano poste 2 metà.
 
 

165. Aldo dice 26x1

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Ian Flemingè stato uno scrittore inglese, celebre per aver creato il personaggio dell'agente segreto James Bond. Fu anche un ufficiale della Royal Navy durante la seconda guerra mondiale, arruolato nel Servizio Informazioni della Marina.
L’Operazione Ruthless, un piano volto ad ottenere i codici della macchina cifrante Enigma utilizzata dalla marina tedesca, è stato ispirato da una relazione scritta dallo stesso Fleming il 12 settembre 1940.

Enigma fu una macchina per cifrare (e decifrare) elettro-meccanica e fu utilizzata dal servizio delle forze armate tedesche durante il periodo nazista e la seconda guerra mondiale.
La macchina Enigma fu sviluppata da Arthur Scherbius in varie versioni a partire dal 1918 quando ottenne il brevetto, ispirandosi al disco cifrante di Leon Battista Alberti.
Egli creò una società a Berlino, la Scherbius & Ritter, per produrre tale macchina e mise in vendita la prima versione commerciale nel 1923. Ma l'alto costo della macchina non giustificava la possibilità di avere messaggi sicuri.

 
 
Dopo la scoperta del fatto che le comunicazioni navali della prima guerra mondiale erano state decriptate dalla Gran Bretagna, il governo tedesco pensò che fosse arrivata l'ora di affidarsi ad un sistema sicuro per criptare i propri messaggi importanti.
Scherbius realizzò quindi una versione diversa dalla precedente, con i circuiti degli scambiatori modificati per impedire una decodifica dei messaggi nel caso che qualcuna delle macchine già in circolazione fosse caduta in mani nemiche. Diversi esemplari furono acquistati dalla Marina Militare tedesca nel 1926, poi nel 1929 il dispositivo venne acquisito dall'Esercito e da allora in poi praticamente da ogni organizzazione militare tedesca e dalla maggior parte della gerarchia nazista.

 

Il problema è riuscire ad inviare un codice o un messaggio mantenendoli segreti.

Nel 1978 Rivest, Shamir e Adleman pubblicarono sulla famosa rivista "Communications of the ACM" la descrizione del cifrario RSA (dalle loro iniziali) che possedeva molte interessanti caratteristiche: costituiva un esempio di cifrario a chiave pubblica; operava a blocchi interpretando ogni messaggio come un numero intero; la sua sicurezza si fondava sulla difficoltà della fattorizzazione di numeri interi molto grandi e su un metodo matematico per generare 2 chiavi collegate in modo che la conoscenza di una chiave e delle regole di codifica, non sia sufficiente a scoprire la seconda chiave.

Il meccanismo si basa sul fatto che, se con una delle due chiavi si cifra (o codifica) un messaggio, allora quest'ultimo sarà decifrato solo con l'altra.

L’aritmetica modulare, in cui contano solo i resti, fornisce un algoritmo a senso unico  dove è molto più facile entrare che uscire.

Ad esempio 27(mod 5) fornisce lo stesso resto di 8(mod 3) cioe 2.

Viceversa se il resto di una divisione per 7 è 2, il valore iniziale potrebbe essere 9, 16, 23 oppure 72.

Vediamo come funziona con un esempio semplice:

-       A invia a B la Chiave pubblica

-       B codifica una lettera e invia il risultato a A

-       A decifra il messaggio con la Chiave privata

si prendono 2 numeri primi, ad esempio 3e 11
 
li si moltiplica tra di loro ottenendo   N = 33
si ricavano altri 2 numeri sottraendo 1 dai primi iniziali  2 e  10
si moltiplicano tra di loro ottenendo 20

e (Chiave pubblica) è un numero compreso tra 1 e 20 che non sia un fattore di 20, ad esempio 3
d (Chiave privata) è un numero che moltiplicato per 3 e diviso per 20 deve dare resto 1, ad esempio 7

Riassumendo:                     Chiave pubblica     (e,N) = (3;33)

                                            Chiave privata         (d,N) = (7;33)

B, volendo cifrare la lettera D = 4   esegue   C = Me (mod N) = 43mod 33 = 31

A, per la decodifica di C  esegue  M = Cd(mod N) = 317 mod 33 = 4 = D

La spiegazione che sta alla base di questo meccanismo di crittografia è una proprietà dell’Aritmetica Modulare correlata al Piccolo teorema di Fermate al teorema di Eulero.

Il piccolo teorema di Fermat dice che se pè un numero primo,
allora per ogni intero a:
ap a  (modp)
 
esempio    43 = 64 (mod 3) = 4 (mod 3) = 1

Ulteriori spiegazioni e’ possibile trovarle, ad esempio, in questi siti:

http://www.matematica.it/impedovo/articoli/rsa.pdf
http://www.dmi.unipg.it/~giuliet/MIPLezione1.pdf
http://crema.di.unimi.it/~citrini/MD/RSA/esempio.htm

 

In altri momenti storici i messaggi dovevano arrivare a più persone possibili, cercando di essere capiti in modo semplice da chi doveva riceverli, ma non altrettanto da chi non prestava la giusta attenzione.

Aldo dice 26 x 1

E’ il testo del telegramma diffuso dal Clnai (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) indicante il giorno 26 e la 1 di notte in cui dare inizio all'insurrezione dei partigiani a Torino nella guerra di liberazione:

“A tutti i comandi zona.

Comunicasi il seguente telegramma: ALDO DICE 26 x 1Stop Nemico in crisi finale Stop Applicate piano E 27 Stop Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga Stop Fermate tutte macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette Stop Comandi zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità forze alleate su strade Genova-Torino et Piacenza-Torino Stop 24 aprile 1945”.

 

Il primo documentario girato a ridosso del 25 aprile in Piemonte, che illustra quella indimenticabile giornata, è Aldo dice 26x1. Il film, che rievoca nel titolo il messaggio inviato da “Radio Londra” per la liberazione di Torino, accomuna materiali autentici relativi ai giorni della liberazione a ricostruzioni

Aldo dice 26 X 1,  Italia, 1946, 35mm, 45', B/N     Regia Fernando Cerchio

Le trasmissioni in italiano di Radio Londra erano aperte dalle prime note della 5ª Sinfonia di Beethoven (molto probabilmente perché codificavano - scandite secondo l’alfabeto Morse - la lettera "V", iniziale di "Victory".

 
Aldo Nove, pseudonimo di Antonio Centanin, scrittore e poeta italiano, trae origine da Aldo che è appunto il nome presente nel messaggio mentre Nove è dato dalla somma delle tre cifre 2, 6 e 1.

Anche gli Üstmamò concludono una loro celebre canzone con un ritornello contenente questo messaggio.

166. La formula più bella

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Dedicato a chi si occupa di scienza
e di divulgazione scientifica.

 
E’ ricominciato il carnevale della Fisica, anzi addirittura ce ne sono due:

Il (non) carnevale della fisica

e questa è una buona notizia. 

 

Se dovessi scegliere una sola formula, tra le tante che si possono trovare in un libro di Fisica, avrei sicuramente l’imbarazzo della scelta.
Ma dovendo fornire una sola risposta, la scelta sarebbe:
 

Rµν– ½ gµνR = k Tµν

 
Questa (a meno della costante cosmologica che verrà tralasciata per semplicità) è l’equazione di campo di Einstein.

L’equazione lega la curvatura dello spazio-tempo al tensore energia-impulso che descrive la densità e il flusso di materia-energia.

I membri dell'equazione sono tensori simmetrici di dimensione 4x4, contenenti quindi 10 componenti indipendenti (sarebbero 16 se non fossero simmetrici) che variano in funzione del punto considerato.

Il membro a sinistra dell'uguaglianza misura la curvatura e la geometria dello spazio-tempo, mentre quello di destra misura la densità e il flusso di materia e energia. L'equazione descrive quindi in che modo la materia "curva" lo spazio-tempo e ne determina la geometria; a sua volta la curvatura dello spazio-tempo “determina” come la materia si muove (geodetiche).

In fisica e matematica esistono grandezze scalari (come temperatura o massa) e grandezze vettoriali (per esempio forza e velocità), però si possono anche definire oggetti geometrici, come i tensori, di ordine superiore: uno scalare è un tensore di ordine zero (senza indici), un vettore è un tensore di ordine 1 (con un indice) e allo stesso modo vengono definiti i tensori di ordine n (con n indici).

Si tratta di un sistema di 10 equazioni differenziali alle derivate parziali non lineare nelle incognite del tensore metrico.

Una volta trovata, la “metrica” si utilizza poi nella equazione geodetica del moto.

In parole più semplici, la distanza (metrica) tra due punti nello spazio-tempo risulta definita dalla distribuzione della materia (e dell’energia); questo ci permette di calcolare il cammino più breve (geodetica) che percorre un corpo in caduta libera od in orbita intorno ad un pianeta.
 

Einstein ebbe a dire che la parte sinistra della equazione è fatta di puro marmo pregiato e rappresenta la geometria dello spazio-tempo, mentre quella destra è fatta di volgare legno e rappresenta l’energia-materia tramite il tensore energia-impulso.

Il motivo di questa affermazione consiste nel fatto che il tensore sulla destra dell’equazione rappresenta in modo impreciso la distribuzione della materia, non tenendo conto della sua reale composizione.

L’importanza della geometria non-euclidea per lo spazio fisico cominciò a chiarirsi dopo la pubblicazione postuma del fondamentale trattato di Bernhard Riemann“Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria”.

Nella geometria euclidea vale il teorema di Pitagora, cioè utilizzando un sistema di coordinate cartesiane, per la distanza “s” di un punto dall’origine vale s2= x2 +y2
o se ci si limita a spostamenti molto piccoli (infinitesimi) che si indicano “ds” si ha:

ds2= dx2 + dy2

La forma più generale per una superficie curva è invece:

ds2 =  g11dx2 + 2 g12dx dy + g22dy2 =  gjkdxjdxk.

Dove le gik, simmetriche in j e k , sono le componenti di un tensore che descrive le proprietà metriche (e quindi il campo gravitazionale) del sistema.

Riemann postulò la validità del teorema di Pitagora nell’infinitamente piccolo.
 

Utilizzando le parole di Einstein:

“Se nella teoria della Relatività Generale esiste un equazione analoga a quella di Poisson, deve trattarsi di un’equazione tensoriale per il tensore gµνdel potenziale gravitazionale; il tensore energetico della materia dovrà poi figurare in essa a secondo membro, mentre a primo membro dovrà figurare un tensore differenziale nelle gµν. Dobbiamo ora ricercare tale tensore differenziale, il quale risulta completamente determinato dalle 3 condizioni seguenti:

1)    non deve contenere alcuna derivata delle gµνdi ordine superiore al secondo;

2)    deve essere lineare e omogeneo nelle derivate seconde;

3)    la sua divergenza deve essere identicamente nulla.

Le prime 2 condizioni sono tratte naturalmente dall’equazione di Poisson.”
La terza condizione è necessaria per poter soddisfare il principio di conservazione dell’energia.

Dal tensore gµνe dalle sue derivate prime possono essere costruite delle grandezze (connessione affine) che non hanno però le caratteristiche di un tensore in quanto possono essere annullate scegliendo un opportuno sistema di riferimento. Senza entrare troppo nei dettagli, queste rappresentano il campo gravitazionale, che può venire annullato localmente scegliendo un sistema in caduta libera.

Utilizzando anche le derivate seconde Riemann riuscì a ricavare il tensore di curvatura che porta il suo nome.

Anche in questo, come nel caso della meccanica classica, non sono necessarie derivate di ordine superiore.
Come visto nel precedente post: 13. Equazioni del moto
la derivata prima della posizione fornisce la velocità, mentre la sua derivata seconda l’accelerazione e moltiplicando questa per la massa si arriva alla definizione di forza

F = ma

Ora dalla legge di gravitazione universale di Newton che determina la forza esercitata tra due oggetti di massa m1 ed m2 ad una certa distanza R, si riesce a ricavare l’accelerazione con la quale un oggetto modifica il proprio moto a causa di un’altra massa.


E’ infine illuminante come sia semplice la forma delle equazioni di campo di Einstein nel vuoto (che permettono di calcolare i moti di tutti gli oggetti sottoposti ad un campo gravitazionale, come proiettili o pianeti):

Rµν= 0

Credo che sia difficile trovare una formula più elegante di questa.

Per completezza riporto l’equazione di Einstein nelle due versioni e le loro corrispondenti in meccanica classica: equazioni di Poisson e di Laplace.

 

Con visione profetica Riemann scrisse: “Le basi della determinazione metrica devono essere cercate nelle forze di legame che agiscono su di essa”

L’anticipazione di Riemann di una dipendenza della metrica dai dati fisici, sembra sia stata la soluzione logica di un dilemma. Poiché tale curvatura è una proprietà intrinseca dello spazio, ossia può essere determinata da misure geometriche all’interno dello spazio stesso. Le indicazioni di Riemann vennero ignorate dalla maggior parte dei matematici e dei fisici suoi contemporanei. Le sue ricerche sembrarono troppo speculative e teoriche. Il solo che si accostò a Riemann fu il traduttore in inglese delle sue opere, William Kingdon Clifford. Già nel 1870 Clifford aveva visto nella concezione dello spazio di Riemann la possibilità di fondere la geometria con la fisica. Per Riemann la materia era la causa della struttura dello spazio. Clifford invece concepì la materia e il suo moto come una manifestazione del variare della curvatura. Egli suppose che la curvatura riemanniana potesse dare origine a mutamenti nella metrica del campo alla maniera delle onde, causando in tal modo increspature che potevano essere interpretate come movimento della materia.

Per Aristotele lo spazio era un accidente della sostanza; per Clifford la sostanza è un accidente dello spazio.

Ma perché non si giunse subito ad una nuova teoria fisica?
Cosa mancava?

Mancava la teoria della Relatività Ristretta, ma soprattutto la visione successiva di Hermann Minkowski che con l’introduzione dello spazio-tempo come continuo quadridimensionale fornì il corretto ambito in cui sviluppare la nuova teoria.

La gravitazione, come viene interpretata dalla teoria della Relatività Generale, deve essere compresa nella struttura geometrica dello spazio-tempo. Questa fusione rende la teoria in accordo (per definizione) con quanto predetto (e sperimentato) dalla Relatività Ristretta e alla spiegazione dei famosi effetti osservabili: spostamento del perielio di Mercurio, deviazione dei raggi luminosi, ecc.).
 

Il procedimento per giungere alla RG fu molto complesso e durò circa 10 anni. Si basa su una intuizione di Einstein del 1907:  il Principio di Equivalenza.

Questo permette di estendere il principio di relatività a qualsiasi osservatore in moto accelerato e porta alle equazioni che spiegano la precessione del moto del perielio di Mercurio (sebbene utilizzando approssimazioni successive e non la soluzione esatta trovata successivamente da Karl Schwarzschild).

Nel 1911 Einstein viene portato sulla giusta strada da un collega all’università di Praga, Georg Alexander Pick: la geometria di Riemann con i suoi sviluppi successivi dei matematici Gregorio Ricci-Curbastro e Tullio Levi-Civitarelativi al calcolo differenziale assoluto.

Tornato in Svizzera ne parla con l’amico e collega Marcel Grossmann e dopo qualche anno riesce a generalizzare l’equazione di Poisson per il potenziale (scalare) gravitazionale a un potenziale tensoriale gravitazionale con 10 elementi indipendenti individuati in funzione delle sorgenti energetiche del campo (il tensore energia-impulso).

Nel frattempo anche David Hilbert presenta equazioni di campo corrette derivandole da un principio variazionale.
 

Potrei continuare fornendo un esempio di soluzione dell’equazione di Einstein, ma forse è più corretto rimandare alla chiara esposizione di Wikipedia:


Dalla versione inglese di Wikipedia dello stesso argomento:

“The Schwarzschild solution is named in honor of Karl Schwarzschild, who found the exact solution in 1916, a little more than a month after the publication of Einstein's theory of general relativity. It was the first exact solution of the Einstein field equations other than the trivial flat space solution. Schwarzschild died shortly after his paper was published, as a result of a disease he contracted while serving in the German army during World War I.”
 
 

Aneddoto:

uno dei libri che ho sempre considerato fonte inesauribile per quanto riguarda la Teoria dei Campi ed in particolare della teoria della Relatività Generale e’:

L. D. Landau – E. M. Lifsits, TEORIA DEI CAMPI (Nuova biblioteca di cultura scientifica)

Al secondo anno di università’ incontrai in metropolitana un ex compagno delle superiori, che, alla vista del libro sopra menzionato che portavo spesso con me, fece l’affermazione:

“vedo che ti sei iscritto alla facoltà di Agraria”

 

Albert Einstein, Il significato della relatività, Ed. Bollati Boringhieri
Albert Einstein, Opere scelte, a cura di E. Bellone, Ed. Bollati Boringhieri
Max Jammer, Storia del concetto di spazio, Ed. Feltrinelli
Steven Weinberg, Gravitation and Cosmology, Ed. J.Wiley

http://zibalsc.blogspot.it/2014/03/143-curvatura-e-gravitazione.html
http://zibalsc.blogspot.it/2013/06/123-paradosso-dei-gemelli-bis.html

167. La formula più bella – Allegato 1

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Nello scrivere il post precedentemolti approfondimenti sono stati volutamente tralasciati per non appesantirne ulteriormente la lettura.
Ne riporterò qui alcuni in ordine sparso.

Gli elementi dell'equazione di campo di Einstein sono i seguenti:


Il fondamento della Relatività Generale è l'assunto, noto come principio di equivalenza, che un'accelerazione sia indistinguibilelocalmentedagli effetti di un campo gravitazionale.

 
 
 
Quando si legge (o si racconta) la storia della Scienza si rischia di perdere di vista il contesto in cui si sono svolti gli eventi. La teoria della Relatività Generale venne presentata come serie di letture presso l'Accademia Prussiana delle Scienze, a partire dal 25 novembre 1915, dopo una lunga fase di elaborazione. Il contesto in questo caso fu la prima guerra mondiale, il conflitto armato che coinvolse le principali potenze mondiali tra l'estate del 1914 e la fine del 1918. Gli anni che seguirono, con la Repubblica di Weimar (1918-1933), sono stati di una vivacità intellettuale senza precedenti: gli anni della Meccanica Quantistica, dell'espressionismo, della Bauhaus, di Thomas Mann, di Metropolis (Fritz Lang), della psicoanalisi, di Marlene Dietrich e delle ideologie e dei movimenti che sono alla radice della cultura contemporanea. Quello che successe dopo è noto.

Albert Einstein e Thomas Mann
 
 
Berlino, 1921. Un giovane studente di fisica, incuriosito da un cartello che annuncia una conferenza contro la teoria della relatività, compra il biglietto ed entra. La sala da concerto è gremita di persone, gente comune non solo scienziati e studenti; seduto in un palco vede Albert Einstein: «Non so perché egli fosse venuto, ma sembrava divertirsi un mondo a salutare la gente […] a disturbare lo spettacolo con la sua sola presenza». Lo studente è Leopold Infeld che diventerà uno dei collaboratori di Einstein a Princeton; con lui scriverà L'evoluzione della fisica, un piccolo capolavoro di divulgazione scientifica e sarà uno degli undici firmatari del Manifesto di Russell-Einstein per il disarmo nucleare.
Lo spettacolo, invece, è solo una delle tante iniziative promosse da un gruppo di fisici tedeschi volte a screditare l’immagine del grande scienziato.


Georg Alexander Pick (10 Agosto 1859 – 26 Luglio 1942) nel marzo del 1939, dopo l'invasione della Cecoslovacchia, venne deportato e morì nel campo di concentramento di Theresienstadt.

Tullio Levi Civita (Padova, 29 marzo 1873 – Roma, 29 dicembre 1941) nel 1938 fu rimosso dalla carica di ordinario presso l'Università degli Studi di Roma "la Sapienza", dall'ufficio per le discriminazioni razziali (leggi per la difesa della razza) a causa della sua origine ebraica. Morì isolato dal mondo scientifico nel suo appartamento di Roma nel 1941.

Karl Schwarzschild (Francoforte sul Meno, 9 ottobre 1873 – Potsdam, 11 maggio 1916) merita di essere inserito nella cerchia delle persone che hanno contribuito alla scoperta delle teorie della fisica moderna. Nel lustro 1911-1916, indipendentemente da Arnold Sommerfeld, teorizzò le regole generali di quantizzazione e della fisica degli spettri atomici contemporaneamente a Niels Bohr. Trovò una soluzione esatta delle equazioni di campo di Einstein, il cui articolo sulla relatività generale ebbe modo di leggere nel 1915, mentre si trovava al fronte, mantenendosi a stretto contatto con la Scuola di Hilbert a Gottinga. Pur ignorando (come tutti gli scienziati dell'epoca) la vera natura dell'energia stellare, Schwarzschild iniziò a studiarne i meccanismi di produzione e di trasporto energetico: concluse che le stelle non possono generare calore e luce tramite semplici reazioni chimiche, poiché esaurirebbero il loro combustibile in qualche decina di migliaia di anni: si sapeva da tempo che la vita di una stella come il Sole, una stella nana, è di circa 10 miliardi d'anni. Preconizzò, così, tutta la moderna teoria dell'evoluzione stellare (successivamente enunciata da Arthur Eddington nel decennio 1920-1930) esponendo il principio dell'equilibrio radiativo.
Durante questo periodo, dedicandosi alla risoluzione delle equazioni relativistiche di campo scoperte da Einstein, per primo ipotizzò la possibilità di comprimere totalmente la materia entro un raggio sferico limitato da un fattore superiore a 1014, prevedendo in tal modo la possibile esistenza dei buchi neri, e scoprendo la formula che ne definisce le proprietà, cioè la cattura gravitazionale al loro interno di tutte le radiazioni elettromagnetiche incidenti.
 
Pubblicò e divulgò le conclusioni dei suoi studi nella corrispondenza intrattenuta dal fronte con Einstein; il 15 novembre 1915 Albert Einstein scoprì le equazioni di campo della relatività generale, poi stampate sul numero di novembre degli Atti dell'accademia delle scienze prussiana. Allora Schwarzschild rese note le sue soluzioni inviando ad Einstein, il 16 gennaio 1916, un primo articolo nel quale presentava la prima soluzione esatta di quelle equazioni.
 
Nel settembre 1914, iniziata da un mese la prima guerra mondiale, si arruolò volontario e fu spedito nelle retrovie del fronte occidentale, nel Belgio occupato.
Nel 1916 fu trasferito sul fronte orientale contro i Russi ma, gracile com'era, la vita di trincea gli risultò nefasta. Si ammalò gravemente agli inizi del 1916 e morì a Potsdam alcuni mesi dopo. Non aveva ancora compiuto 43 anni.

 

Infine riporto una bella tabella/formulario che potete trovare, insieme ad altre altrettanto interessanti, nel sito:




Nel precedente post si è sottolineato come sia semplice la forma delle equazioni di campo di Einstein nel vuoto(3). Questo risultato non è evidente a priori, si devono infatti effettuare alcuni passaggi, per ricavare l’equazione (2) partendo dalla (1), che consistono nella contrazione degli indici di un tensore (non spiego i passaggi che si possono trovare in molti siti o, meglio ancora, nell’articolo originale di Einstein).
Il simbolo δμν  è il tensore delta di Kronecker, la cui contrazione è la somma dei 4 elementi della diagonale (tutti uguali ad 1).


 

168. ISS

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Domenica sera, 23 novembre, alle 22.01, Samantha Cristoforettiè partita per lo Spazio. Il lancio è avvenuto alla base spaziale russa di Bajkonur nel territorio del Kazakistan dove ha avuto inizio la missione Futura. I tre astronauti dell’equipaggio hanno raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) a bordo di una navicella Soyuz dopo sei ore e rimarranno in orbita intorno alle Terra per sei mesi.



La Stazione Spaziale è poco più grande di un campo di calcio, posizionata in orbita terrestre bassa. Viene mantenuta ad un'orbita compresa tra i 330 km e i 435 km di altitudine e viaggia ad una velocità media di 27.600 km/h, completando 15,5 orbite al giorno.

Ma vediamo di capire come si colloca un’orbita di questo tipo nell’ambito delle distanze relative alla Terra:

Monte Everest                         8.848 m
Raggio della Terra                  6.378 km
Orbita geostazionaria            42.168 km    (circa 36.000 km dal livello del mare)
Distanza Terra-Luna           384.400 km  

Come si vede le montagne più alte sono dell’ordine del millesimo del raggio terrestre, mentre ISS è posizionata ad una altezza pari al 6,5% di tale raggio.
Infine un’orbita geostazionaria è posizionata molto più distante, a più di 6 volte del raggio terrestre.
Per arrivare alla Luna tale rapporto deve diventare 60.

Tutto questo è riprodotto molto chiaramente in una figura di Wikipedia, dove vengono anche riportate le varie posizioni di satelliti Meteo, GPS, ecc.
 
 
 
 
Nel disegno l’orbita di ISS è posizionata prossima alla superficie della Terra.

http://eol.jsc.nasa.gov/HDEV/


http://zibalsc.blogspot.it/2014/05/147-terra-luna.html



169. Quanto pesi?

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Una domanda così semplice potrebbe avere più risposte. La risposta potrebbe dipendere dal fatto che il nostro peso cambia in continuazione, per cui possiamo dire quanto pesavamo l’ultima volta che ci siamo pesati; ma dal punto di vista della fisica (oltre all’unità di misura che stiamo utilizzando: grammo, libbra, tonnellata, oncia, …) è fondamentale sapere il luogo nel quale ci stiamo pesando.
Una canzone degli anni '60 diceva che il peso sulla Luna è la metà della metà, ma in realtà è circa un terzo della metà, infatti l’accelerazione di gravità che sulla Terra è 9,8 m/s2, sulla Luna è 1,62 m/s2.
Ad esempio, il peso di una persona di 60kg sulla Luna sarebbe solamente 10kg.
 
Nelle scorse settimane abbiamo assistito alla discesa sulla cometa 67P/Churyumov–Gerasimenkodella sonda Philae, atterrata il 12 novembre 2014.
La missione Rosetta iniziata il 2 marzo 2004 al Centre spatial guyanais di Kourou a bordo di un razzo Ariane 5G+, ha avuto come compito di trasportare la sonda Philae.

La cometa ha una dimensione di 3,5 km × 4 km e una massa di 1013 kg.

La sua densitàè 0,4 g/cm3, il 40% di quella dell’acqua (quindi galleggerebbe).

L’accelerazione di gravità è 0,000167 m/s2 e la persona di 60kg peserebbe solo 1 grammo.

Per comprendere meglio il volume di 67P/Churyumov–Gerasimenko sono utili le 2 immagini che si possono trovare sul sito dell’esa (european space agency).


Nella prima immagine si vede che la cometa potrebbe essere contenuta all’interno del monte Bianco.
 



Qui sotto si possono invece confrontare le dimensioni di 67P/Churyumov–Gerasimenkocon le distanze tra alcuni luoghi di Roma.

 

Si può facilmente dimostrare che il peso di un oggetto è direttamente proporzionale al raggio del pianeta e alla sua densità.

Nel sito:  http://www.exploratorium.edu/ronh/weight/ è possibile verificare quale sarebbe il nostro peso (come esempio sempre 60kg sulla Terra) sui vari pianeti.

 
 
L’ultimo “Il (non) carnevale della fisica #3” contiene molti link riguardanti la cometa:

http://www.keplero.org/2014/11/siamo-scesi-su-una-cometa.html
https://fabristol.wordpress.com/2014/11/13/tornare-alle-stelle/
http://tuttidentro.eu/2014/11/12/cometa/
http://www.tutto-scienze.org/2014/11/rosetta-philae-ed-una-storia-animata-di.html
http://www.verascienza.com/missione-rosetta-il-lander-philae-entra-in-modalita-stand-by-non-e-un-addio-ma-un-arrivederci/

 

 

170. Illusioni

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Le illusioni ottiche sono una particolare categoria di immagini che ci inducono a “vedere” cose che o non esistono o sono differenti da come noi crediamo di "vederle".
Può capitare di “vedere” triangoli dove in realtà sono presenti tre figure stile “packman”:
 

 
 
O di “vedere” oggetti identici come se fossero di dimensioni differenti:
 
 
 
O ancora di “vedere” immagini statiche come se fossero figure animate:
 
 

Infine ce ne sono alcune che sono particolarmente impressionanti. Come le anamorfosi di Julian Beever (http://www.julianbeever.net/)



 
o l’incredibile Scacchiera di Adelson (pubblicata nel 1995 su Vision Science da Edward Adelson del MIT).

Per quanto ci si sforzi di guardare l'immagine, non si è in grado di capacitarsi che alcune aree sono dello stesso colore e, viceversa, giudichiamo di colore o livello di grigio differente due aree che in realtà sono identiche.

Verrà mostrato ora quali quadrati siano effettivamente colorati nella stessa tonalità di grigio.

Di alcune zone sono stati riportati i valori delle 3 componenti RGB (Red/Green/Blue) e come si può verificare “A” e“B” hanno la stessa tonalità.

Ma la cosa più strabiliante è che anche “D” ed“E” hanno lo steso colore!
 
 


  
Mentre invece “C” e“D” come“E” ed“F” sono di colore differente.


Se ritagliamo alcune di queste zone e le mettiamo vicine, ci rendiamo conto di come tutto questo sia evidente.

 

Il nostro cervello percepisce un colore in base al contesto e ai colori che lo circondano.
Per cui tendiamo a vedere un quadrato più scuro perché è circondato da colori chiari e viceversa più chiaro perché circondato da colori scuri. 

Inoltre il quadrato “E” viene rappresentato in ombra per cui il cervello presuppone che sia più chiaro di quanto in realtà gli appare e ne correggela tonalità.
 

http://it.wikipedia.org/wiki/Illusione_ottica
http://en.wikipedia.org/wiki/RGB_color_model




 

171. Una Miriade di comuni - Illuminazione pubblica e strade

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<< Il termine "Miriade" oggi si riferisce a una quantità incalcolabile dalla mente umana. Nel sistema numerico greco la parola "Miriade" equivaleva a 10.000 unità.>>

  Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

 
L'Italia ha 8.057 comuni (al 22 febbraio 2014). Di questi 150 superano i 50.000 abitanti e circa 500 superano i 15.000 abitanti (dati ISTAT del 2007).
 




 
 
I consumi elettrici nazionali, per vari motivi, calano di anno in anno, come emerge dai dati pubblicati nel resoconto di Terna:



 
Ogni italiano consuma (mediamente) più di mezzo chilowatt per ogni ora dell’anno (giorno e notte).

Anche i consumi elettrici nazionali per l'illuminazione pubblica calano, ma restano comunque molto alti: circa il doppio della media dell'Unione europea.

L'anno scorso, l'Italia ha impiegato 5.977 milioni di chilowattora per l'illuminazione stradale, facendo registrare un calo del 4,5% rispetto al 2012, quando i consumi avevano toccato quota 6.261 milioni di kWh.
 

 
Nonostante la flessione, però, il consumo pro capite dell'Italia rimane comunque molto alto: circa 100 chilowattora, più del doppio della Germania (42 kWh), e praticamente due volte la media europea.

Sino a qualche anno fa, in Italia le sorgenti più impiegate per illuminare le strade erano lampade di almeno 150 Watt, ora si stanno gradualmente sostituendo con lampade a basso consumo.

Nel 2011 i punti luce installati a Torino erano 96.000; a Milano 138.364 e a Roma 181.991.

Come ordine di grandezza possiamo stimare che ci sia 1 sorgente di illuminazione stradale per ogni 10 abitanti, posizionate ad una distanza di 25/35 metri.
Un’altra stima interessante è che (in media) la lunghezza totale delle strade di un comune è di circa 3 metri per abitante. Ad esempio, un comune di 20.000 abitanti ha circa 60 km di strade asfaltate.

Possiamo concludere che in Italia ci sono all’incirca 6 milioni di lampioni e 180.000 km di strade comunali.

Considerando anche autostrade (7.000 km circa) e altre strade (statali, ecc.) si superano i 10 metri per abitante.
 

Quando si considerano alcuni dati con valori particolarmente grandi come quelli visti sopra o come il debito pubblico di una nazione, è molto più efficace utilizzare la quantità pro capite.

Il Debito Pubblico dell’Italia attuale (ottobre 2014) è 2.157 miliardi di euro e ,in effetti, non è facile rendersi conto dell’ammontare di tale cifra.

Se invece si considera il valore pro capite ciò è molto più immediato:

ogni abitante di questo paese ha un debito di 36.000 euro.
 

http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=9383

http://www.kalidoxa.com/allegati/OrdiniGrandezza.pdf

 

172. Doomsday 2015

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Il Doomsday del 2015 sarà Sabato*.






Come visto i precedenti anni (vedi post 30, 92, 109 e 132) alcune date, semplici da ricordare, hanno in comune lo stesso giorno della settimana (Doomsday).

Questa regola è stata evidenziata dal matematico inglese John Horton Conway.

Da Aprile saranno cioè Sabato:

- nei mesi pari il 4/4, il 6/6, l’8/8, il 10/10 e il 12/12,

- nei mesi dispari il 7/3, il 5/9, il 9/5, il 7/11 e l’11/7.

Per i mesi disparisi ha sempre che la differenza tra giorno e mese è uguale a 4.

In aggiunta ai giorni elencati sopra, sono Doomsday anche:

-       l’ultimo giorno di Febbraio (sia che l’anno sia bisestile o meno)
-       il 25 Aprile
-       Ferragosto  (15 Agosto)
-       Halloween  (31 Ottobre)
-       S.Stefano     (26 Dicembre)

Lo è anche l’anniversario della nascita di Albert Einstein (14 Marzo) famoso come Pi Day, giorno dedicato a pi greco, per la grafia anglosassone del numero 3.14

* Nel 2016 Lunedì, nel 2017 Martedì e nel 2018 Mercoledì.



http://www.emba.uvm.edu/~snapp/teaching/cs32/homework/Fall2010/doomsday.pdf
http://www.ilpost.it/mauriziocodogno/2010/12/20/calendario-perpetuo-mentale/
http://rudy.ca/doomsday.html
http://rudimatematici-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/12/16/il-giorno-del-giudizio/
http://xmau.com/notiziole/arch/200908/005852.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_pi_greco
http://www.piday.org/
http://www.exploratorium.edu/pi/
 

Anche il 26/12 compleanno di Conway è il giorno del Doomsday.



Spiegazione: la regola mnemonica per i mesi pariè ovvia e deriva dal fatto che, a parità di numero, tra 2 mesi pari successivi ci sono sempre 61 giorni (30+31); avanzando di 2 giorni ogni 2 mesi si ha:  30+31+2=63 (9 settimane esatte).

 

173. Qual è il titolo di questo post?

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Il titolo di questo post è una chiara citazione del bel libro scritto da Raymond M. Smullyan nel 1978 - Qual è il titolo di questo libro?– Zanichelli.


  

Raymond Merrill Smullyan (New York, 25 maggio 1919) è un matematico, filosofo, scrittore, pianista e prestigiatore statunitense. Nel libro citato si possono trovare molti problemi logici che sono estensioni di rompicapo classici. Sull'isola dei cavalieri e dei furfanti, i personaggi sono cavalieri (che dicono sempre la verità) e furfanti (che mentono sempre).

 
Nei 271 racconti vengono presi in considerazione problemi, storielle e paradossi vari. Per invogliare a leggere il libro ne citerò qualche esempio.


14 - Il problema dell’orso.

Ciò che è interessante in questo problema è il fatto che molti l’hanno già sentito e conoscono la risposta, ma le loro spiegazioni sono insufficienti. Così, anche se credete di conoscere la risposta, assicuratevene e consultate la soluzione.
Un uomo si trova 100 metri a sud di un orso. Egli percorre 100 metri verso est, quindi si ferma e si rivolge verso nord, imbraccia il fucile, spara esattamente a nord e colpisce l’orso.
Di che colore era l’orso?


Prima di proseguire è necessario fare un breve preambolo.

John Calvin Coolidge (Plymouth, 4 luglio 1872 – Northampton, 5 gennaio 1933) è stato il 30º Presidente degli Stati Uniti d'America, in carica dal 1923 al 1929. Finì il suo mandato giusto in tempo per non essere coinvolto nella crisi del ’29.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera: <<In biologia e psicologia l’effetto Coolidgeè il termine che descrive un fenomeno, riscontrabile in quasi tutte le specie dei mammiferi, attraverso il quale i maschi (ed in maniera minore le femmine) esibiscono un potenziale sessuale rinnovato con l'introduzione di nuovi partner ricettivi.

Origine del termine.

Il termine deriverebbe da una vecchia battuta secondo la quale la moglie del Presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge, in visita ad una fattoria sperimentale patrocinata dal governo, notò un gallo che si accoppiava molto frequentemente. Chiedendo al suo accompagnatore quanto spesso avvenisse il fatto le venne risposto “dozzine di volte al giorno”. “Lo dica al signor Coolidge” replicò la First Lady. Il Presidente, informato della cosa, chiese a sua volta: “Ma ogni volta con la stessa gallina?”. “No,” rispose il contadino, “ogni volta con una gallina diversa”. “Lo dica alla signora Coolidge!” disse il Presidente.>>
 



Plymouth(luogo di nascita di Coolidge) è una città del Vermont nel New England e una caratteristica degli abitanti del Vermont (almeno come viene riportato nelle storie umoristiche) è quella di rispondere con esattezza alle domande, ma di tralasciare spesso dettagli essenziali. Un bell’esempio di questo principio è la barzelletta su un abitante del Vermont che andò alla fattoria di un vicino, a cui chiese: «Lem, che cosa hai dato al tuo cavallo l’anno scorso, quando ebbe la colica?»
Lem rispose: «Crusca e melassa».
L’agricoltore andò a casa, tornò una settimana dopo e disse: «Lem, ho dato al mio cavallo crusca e melassa, ed è morto».
Lem replicò: «Anche il mio».


217 - Gente del Vermont

Questa storiella che abbiamo raccontato mi ricorda una storia su Calvin Coolidge. Coolidge stava visitando una fattoria con alcuni amici. Quando arrivarono a un gregge di pecore, uno degli amici disse: «Vedo che queste pecore sono appena state tosate». Coolidge rispose: «Sembra proprio così, almeno da questa parte».


245 - Che cosa è meglio?

Che cosa è meglio, l’eterna felicità o un panino al prosciutto?
Sembrerebbe che fosse meglio l’eterna felicità, ma in realtà non è così!
Dopo tutto, niente è meglio dell’eterna felicità e un panino al prosciutto è certamente meglio di niente.
Quindi un panino al prosciutto è meglio dell’eterna felicità.


14 - Soluzione al problema dell’orso

L’orso deve essere bianco, deve essere un orso polare. La spiegazione più frequente che viene data è che l’orso doveva stare esattamente al Polo Nord.
Bene, questa è effettivamente una possibilità, ma non è l’unica. Dal Polo Nord, tutte le direzioni sono verso sud, così se l’orso sta al Polo Nord e l’uomo è a 100 metri a sud dell’orso e percorre 100 metri verso est, allora quando si volge verso nord si troverà di nuovo soluzione. In effetti c’è un numero infinito di soluzioni.
Potrebbe essere, ad esempio, che l’uomo sia molto vicino al Polo Sud, in un punto in cui il parallelo passante per quel punto ha una lunghezza di 100 metri esatti, e l’orso si trova a cento metri a nord dell’uomo. Allora se l’uomo percorresse 100 metri verso est, egli camminerebbe lungo il parallelo fino a tornare esattamente al punto di partenza.
Così questa è una seconda soluzione.
Ma l’uomo potrebbe essere ancora più vicino al Polo Sud, in un punto in cui il parallelo ha una lunghezza di 50 metri esatti, così se egli camminasse per 100 metri verso est, percorrerebbe il parallelo due volte e si troverebbe di nuovo al punto di partenza. Oppure l’uomo potrebbe trovarsi ancora più vicino al Polo Sud, in un punto in cui il parallelo ha una lunghezza che è esattamente un terzo di 100 metri, e percorrere tre volte il parallelo per ritrovarsi al punto di partenza. E così via per ogni numero n intero positivo.
Così sulla terra vi è realmente un numero infinito di punti in cui le condizioni del problema potrebbero essere soddisfatte.
Naturalmente, in tutte queste soluzioni l’orso è abbastanza vicino al Polo Nord o al Polo Sud per essere considerato un orso polare. C’è, naturalmente, la remota possibilità che qualche maligno essere umano trasporti deliberatamente un orso bruno al Polo Nord tanto per far dispetto all’autore di questo problema.


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